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Andrea Cova

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SEPSI: risarcimento danni

La SEPSI è una rara complicazione di una infezione, le cui conseguenze possono essere molto gravi e potenzialmente mortali. 

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La Sepsi consiste in una risposta infiammatoria eccessiva dell’organismo a un'infezione generalizzata che danneggia tessuti e organi compromettendone il funzionamento. 

Senza una cura immediata può provocare la morte.

Ogni anno si registrano in Europa 700.000 casi di sepsi, di cui almeno 1 su 5 con esito mortale.

La sepsi può colpire chiunque abbia contratto un'infezione; tuttavia è più frequente in neonati, bambini, anziani e persone con malattie persistenti nel tempo (croniche) o altre condizioni mediche che indeboliscono il sistema immunitario.

Maggiormente esposte al rischio di sviluppare sepsi, sono le persone ricoverate in ospedale, che hanno appena subito un intervento chirurgico o sono state sottoposte all'impianto di un dispositivo medico, come il catetere urinario o il catetere venoso,.

I primi disturbi (sintomi) causati dalla sepsi sono febbre elevata o abbassamento della temperatura corporea, brividi, aumento del battito cardiaco e della frequenza respiratoria. Se non si interviene subito, la situazione può peggiorare rapidamente e ai disturbi (sintomi) iniziali se ne possono aggiungere altri, più gravi, fino ad arrivare allo shock settico, con crollo della pressione sanguigna.

La sepsi è provocata da un'infezione, presente in qualsiasi parte del corpo. Le infezioni di origine batterica sono la causa più frequente di sepsi. In rari casi sono implicate infezioni causate da virus o funghi.

Le infezioni più comunemente associate con la sepsi sono:

·polmoniti

· infezioni intra-addominali

·infezioni chirurgiche

·meningiti

· encefaliti

· infezioni renali

· osteomieliti

· endocarditi

Nel caso delle sepsi di origine batterica o fungina, il primo passo verso il loro sviluppo è il passaggio nel sangue dei batteri/funghi che hanno causato l'infezione localizzata. Quando ciò avviene, l'infezione si diffonde a tutto l'organismo ed è detta generalizzata o sistemica. Il secondo passo è la comparsa di un'esagerata risposta infiammatoria estesa a tutto l'organismo che causa danni a organi e tessuti.

L'accertamento (diagnosi) della sepsi si basa sull'osservazione dei disturbi (sintomi), sui risultati di analisi del sangue eseguite per evidenziare l'eventuale presenza di batteri/funghi o altri germi, su altri esami di laboratorio in grado di valutare il danno ai diversi organi e al loro funzionamento (disfunzione d'organo).

Se la fonte dell'infezione non è evidente, le analisi di laboratorio possono essere integrate da esami cosiddetti di diagnostica per immagini per individuare il focolaio infettivo e procedere con le cure più appropriate.

La terapia della sepsi include la somministrazione di antibiotici, di liquidi per via endovenosa, di ossigeno se necessario, di corticosteroidi e di ulteriori trattamenti a seconda della gravità del danno agli organi.

Nei casi gravi, e soprattutto se si verifica lo shock settico, è necessario l'immediato ricovero in ospedale, in un'unità di terapia intensiva. A causa del malfunzionamento degli organi vitali la sepsi può essere mortale. Tuttavia, se viene identificata e curata rapidamente, il recupero del malato può essere totale e privo di conseguenze a lungo termine.

Sepsi e setticemia

Spesso i termini setticemia e sepsi sono impiegati come sinonimi, vale a dire come se avessero lo stesso significato. In realtà, il termine setticemia si riferisce solo all'invasione del sangue da parte di batteri, mentre la parola sepsi indica il progressivo danno agli organi causato dalla risposta infiammatoria dell'organismo a una setticemia ma anche ad un'infezione (batterica o raramente da funghi o virus) senza setticemia. 

Eziologia

La maggior parte dei casi di shock settico è causata da bacilli Gram negativi o cocchi Gram positivi nosocomiali e spesso si verifica nei pazienti immunocompromessi e in quelli con patologie croniche e debilitanti. Raramente, è causata da Candida o altri funghi. Un'infezione postoperatoria (profonda o superficiale) deve essere sospettata come causa di shock settico in pazienti che hanno recentemente subito un intervento chirurgico. Una forma particolare, non frequente, di shock provocato da tossine stafilococciche e streptococciche è denominata sindrome da shock tossico.

Lo shock settico si verifica in genere nei neonati (Sepsi neonatale), negli anziani e nelle donne gravide. I fattori predisponenti comprendono:

· Diabete mellito

· Cirrosi

· Leucopenia (in particolare quella associata a cancro o al trattamento con farmaci citotossici)

· Dispositivi invasivi (compresi i tubi endotracheali, vascolari o cateteri urinari, tubi di drenaggio, e altri materiali estranei)

· Un precedente trattamento con antibiotici o corticosteroidi

Le sedi di infezione più comuni comprendono i polmoni, le vie urinarie, le vie biliari e il tratto gastrointestinale.

Fisiopatologia

La patogenesi dello shock settico non è stata completamente compresa. Uno stimolo infiammatorio (p. es., una tossina batterica) scatena la produzione di mediatori proinfiammatori, tra cui il fattore di necrosi tumorale e l'IL-1. Queste citochine causano l'adesione dei neutrofili alle cellule endoteliali, attivano il meccanismo della coagulazione, e producono microtrombi. Esse determinano anche il rilascio di numerosi altri mediatori, tra cui i leucotrieni, la lipossigenasi, l'istamina, la bradichinina, la serotonina e l'IL-2. Queste sostanze si contrappongono ai mediatori antinfiammatori, come l'IL-4 e l'IL-10, determinando un meccanismo di feed-back negativo.

All'inizio, le arterie e le arteriole si dilatano, con una riduzione delle resistenze arteriose periferiche; la gittata cardiaca tipicamente aumenta. Questo stadio è stato descritto come "shock caldo". Successivamente, la gittata cardiaca può diminuire, la pressione arteriosa si riduce (con o senza aumento delle resistenze periferiche) e compaiono gli aspetti tipici dello shock.

Persino nello stadio caratterizzato dall'aumento della gittata cardiaca, a causa dei mediatori vasoattivi il flusso ematico bypassa i vasi capillari di scambio (difetto distributivo). Lo scarso flusso capillare dovuto a questo shunt insieme all'ostruzione capillare da microtrombi riduce il rilascio di O2 e compromette la rimozione della CO2 e dei prodotti di scarto. La riduzione della perfusione causa la disfunzione e talora lo scompenso di uno o più organi, tra cui reni, polmoni, fegato, cervello e cuore.

Si può sviluppare una coagulopatia a causa della coagulazione intravascolare con il consumo dei principali fattori coagulativi, oltre che un'eccessiva fibrinolisi nella reazione e di solito un'associazione di entrambe.

Sintomatologia

Sintomi e segni di sepsi possono essere sfumati e spesso facilmente scambiati per manifestazioni di altri disturbi (p. es., delirio, scompenso cardiaco, embolia polmonare), specialmente nel periodo post-operatorio. In caso di sepsi, i pazienti generalmente presentano febbre, tachicardia diaforesi e tachipnea; la pressione arteriosa rimane normale. Possono essere presenti altri segni dell'infezione causale. Quando si sviluppa una sepsi aggravata o uno shock settico, un segno d'esordio, in particolare negli anziani o nei soggetti molto giovani, può essere la confusione mentale o una riduzione della vigilanza. La pressione arteriosa si riduce, anche se la cute è paradossalmente calda. Più tardivamente, gli arti diventano freddi e pallidi, con cianosi periferica e marezzature. La disfunzione d'organo produce ulteriori sintomi e segni specifici a carico dell'apparato interessato (p. es., oliguria, dispnea)

Diagnosi

Manifestazioni cliniche

· Pressione arteriosa, frequenza cardiaca e monitoraggio di O2

· Emocromo con conta differenziale dei globuli bianchi, elettroliti sierici e creatinina, lattati

· Monitoraggio invasivo della pressione venosa centrale, PaO2, e della saturazione venosa centrale di O2 (ScvO2)

· Colture di sangue, urine e altri potenziali siti di infezione, tra cui ferite nei pazienti chirurgici

La sepsi viene sospettata quando un paziente con un'infezione nota sviluppa i segni sistemici di un'infiammazione o di una disfunzione d'organo. Analogamente, un paziente con i segni dell'infiammazione sistemica, altrimenti inspiegabili, deve essere valutato per la ricerca di un'eventuale infezione mediante l'anamnesi, l'esame obiettivo e i test diagnostici, tra cui l'esame delle urine e l'urinocoltura (in particolare nei pazienti con cateteri a permanenza), le emocolture, e le colture degli altri liquidi corporei sospetti. Nei pazienti con una sospetta causa chirurgica o occulta di sepsi può essere necessario uno studio ecografico oppure con TC o RM a seconda della fonte sospetta. I livelli ematici della proteina C-reattiva e della procalcitonina sono spesso elevati nella sepsi grave e possono facilitarne la diagnosi, ma non sono specifici. In definitiva, la diagnosi è clinica.

Devono essere escluse le altre cause di shock (p. es., ipovolemia, infarto del miocardio), con l'ausilio dell'anamnesi, dell'esame obiettivo, dell'ECG e dei marker cardiaci. Anche in assenza di un infarto del miocardio, l'ipoperfusione correlata alla sepsi può determinare segni di ischemia all'ECG, tra cui alterazioni aspecifiche delle onde ST-T, inversioni dell'onda T e aritmie sopraventricolari e ventricolari.

È importante rilevare le disfunzioni organiche il più presto possibile. Un certo numero di sistemi di punteggio sono stati studiati, ma il punteggio di valutazione dell'insufficienza d'organo sequenziale (punteggio SOFA) e il punteggio SOFA rapido (qSOFA) sono stati convalidati rispetto al rischio di mortalità e sono relativamente semplici da usare.

I criteri del SOFA identificano i pazienti che devono avere ulteriori indagini cliniche e di laboratorio (tutti e 3 i criteri devono essere presenti):

· Frequenza respiratoria ≥ 22/min

· Capacità mentale alterata

· Pressione arteriosa sistolica ≤ 100 mmHg

Il punteggio dell'insufficienza d'organo sequenziale (SOFA) è un po' più resistente, ma richiede test di laboratorio ( Punteggio dell'insufficienza d'organo sequenziale (SOFA)).

Vengono monitorati emocromo, emogasanalisi, RX torace, elettroliti sierici, azotemia e creatinina, Pco2, e la funzionalità epatica. Livelli di lattato nel siero, la saturazione venosa centrale di O2 (ScvO2), o entrambi possono essere d'ausilio al trattamento. La conta dei GB può essere diminuita (< 4000/μL) o aumentata (> 15 000/μL), con una riduzione dei polimorfonucleati sino al 20% della conta differenziale. Nel corso di una sepsi, il conteggio dei globuli bianchi può aumentare o diminuire, a seconda della gravità della sepsi o shock, dello stato immunologico del paziente, e dell'eziologia dell'infezione. L'impiego concomitante di corticosteroidi può far aumentare la conta leucocitaria e quindi mascherare modifiche dei GB dovute all'evoluzione della malattia.

Anche l'iperventilazione con alcalosi respiratoria (Paco2 bassa e pH arterioso aumentato) si verifica precocemente, in parte come meccanismo di compenso all'acidosi lattica. Gli HCO3 sierici sono di solito bassi, mentre i livelli dei lattati sierici ed ematici sono aumentati. Con il progredire dello shock, l'acidosi metabolica peggiora e il pH ematico si abbassa. L'insufficienza ipossemica respiratoria precoce porta ad un rapporto PaO2:FIO2 ridotto e talvolta ad ipossiemia manifesta con Pao2< 70 mmHg. Alla RX torace possono comparire infiltrati diffusi dovuti alla sindrome da distress respiratorio acuto L'azotemia e la creatininemia di solito aumentano progressivamente in conseguenza dell'insufficienza renale. Si può avere un incremento della bilirubina e delle transaminasi, sebbene sia rara un'insufficienza epatica nei pazienti con una preesistente funzionalità epatica nella norma.

Molti pazienti con sepsi grave sviluppano un'insufficienza surrenalica relativa (ossia, livelli normali o lievemente aumentati di cortisolo che non aumentano significativamente in risposta a ulteriori stress o all'ormone adrenocorticotropo esogeno). La funzione surrenalica può essere valutata misurando il cortisolo sierico alle ore 8 del mattino; un livello < 5 mg/dL è inadeguato. In alternativa, il cortisolo può essere misurato prima e dopo l'iniezione di 250 mcg di ormone adrenocorticotropo sintetico; un aumento di < 9 mcg/dL è considerato insufficiente. Tuttavia, nello shock settico refrattario, non è necessario eseguire un test del cortisolo prima di iniziare una terapia con corticosteroidi.

Si possono utilizzare misurazioni emodinamiche con un catetere venoso centrale o polmonare arterioso (Monitoraggio e controllo del paziente in terapia intensiva : Procedura) quando il tipo specifico di shock è poco chiaro o sono necessari grossi volumi di liquidi (p. es., > 4-5 L di soluzione fisiologica allo 0,9% in 6-8 h). L'ecocardiografia al letto del paziente in terapia intensiva è un metodo alternativo, pratico e non invasivo di monitoraggio emodinamico. Nello shock settico, la gittata cardiaca aumenta e la resistenza vascolare periferica si riduce, mentre in altre forme di shock, la gittata cardiaca è tipicamente ridotta con un aumento delle resistenze periferiche. Diversamente dallo shock ipovolemico, ostruttivo o cardiogeno durante lo shock settico sia la pressione venosa centrale sia la pressione di occlusione dell'arteria polmonare possono rimanere inalterate.

Esame ecografico rapido per shock e ipotensione

Prognosi 

La mortalità complessiva nei pazienti con shock settico è in calo e oggi raggiunge una media dal 30 al 40% (range da 10 a 90%, a seconda delle caratteristiche del paziente). I risultati peggiori sono spesso dovuti alla mancata istituzione di una terapia aggressiva precoce (p. es., entro 6 h dal sospetto diagnostico). Una volta che si è instaurata un'acidosi lattica grave con acidosi metabolica scompensata, soprattutto in presenza di un'insufficienza multiorgano, è probabile che lo shock settico sia irreversibile e fatale.

Trattamento

Il recupero di un'adeguata perfusione avviene con liquidi EV e, a volte, con sostanze vasoattive

· Supporto con O2

· Antibiotici ad ampio spettro

· Trattamento della sorgente

· Altre misure di supporto (p. es., corticosteroidi, insulina)

I pazienti con shock settico devono essere trattati in un'unità di terapia intensiva. I seguenti parametri devono essere monitorati ogni ora:

· Pressione venosa centrale, pressione di occlusione dell'arteria polmonare, o ScvO2

· Pulsossimetria

· Emogasanalisi

· Glicemia, livelli di lattato ed elettroliti;

· Funzionalità renale

La misurazione, di solito mediante un catetere a permanenza, della diuresi rappresenta un buon indicatore della perfusione renale. L'insorgenza di oliguria (p. es., < 0,5 mL/kg/h) o di anuria o l'aumento della creatinina possono segnalare un'insufficienza renale imminente.

A seguito di linee guida basate sull'evidenza e di protocolli formali per la diagnosi e il trattamento precoci della sepsi è stata recentemente dimostrata una riduzione della mortalità e della durata del ricovero in ospedale.

Ripristino della perfusione

I liquidi EV sono il primo metodo utilizzato per ripristinare la perfusione. Le soluzioni cristalloidi isotoniche (p. es., soluzione fisiologica allo 0,9%) rappresentano modalità di ripristino più utilizzata. Alcuni medici associano albumina per l'infusione rapida iniziale di fluidi nei pazienti con sepsi severa o shock settico; l'albumina è più costosa dei cristalloidi, ma è generalmente un complemento sicuro alle soluzioni isotoniche. Soluzioni endovenose polisaccaridiche (p. es., amido idrossilietilico) sono associate a un aumento della mortalità e non devono essere utilizzate. Inizialmente, 1 L di cristalloidi viene somministrato rapidamente. La maggior parte dei pazienti richiede un minimo di 30 mL/kg nelle prime 4-6 h. Tuttavia, l'obiettivo della terapia non è quello di somministrare un determinato volume di fluidi, ma di raggiungere un'adeguata riperfusione dei tessuti senza provocare un sovraccarico di liquidi con conseguente edema polmonare.

Le misurazioni di una riperfusione efficace includono ScvO2 e la clearance del lattato (ossia, riduzione in percentuale dei livelli di lattato nel siero). L'obiettivo è raggiungere una ScvO2 ≥ 70%. L'obiettivo di riduzione del lattato sierico va dal 10 al 20%. Il rischio di sviluppare un edema polmonare può essere controllato ottimizzando il precarico; i liquidi devono essere somministrati sino al raggiungimento di una pressione venosa centrale di 8 mmHg (10 cm H2O) o di una pressione di occlusione dell'arteria polmonare da 12 a 15 mmHg; tuttavia, i pazienti in ventilazione meccanica possono richiedere livelli di pressione venosa centrale più elevati. La quantità di liquidi necessaria spesso supera di molto la volemia normale e può raggiungere i 10 L in 4-12 h. La pressione di occlusione dell'arteria polmonare o l'ecocardiografia possono identificare delle limitazioni della funzione ventricolare sinistra e un edema polmonare incipiente dovuto al sovraccarico di liquidi.

Se un paziente con shock settico resta ipoteso anche dopo aver riportato la pressione venosa centrale o la pressione di occlusione dell'arteria polmonare ai valori desiderati, si può somministrare noradrenalina o vasopressina (0,03 unità/min) al fine di aumentare la pressione arteriosa media fino ad almeno 60 mmHg. L'adrenalina può essere aggiunta se è necessario un secondo farmaco. Tuttavia, la vasocostrizione causata da dosi maggiori di questi farmaci può causare ipoperfusione d'organo e acidosi.

Supporto con O2

L'O2 viene somministrato per mezzo di una maschera o di cannule nasali. In seguito possono essere necessarie l'intubazione tracheale e la ventilazione meccanica a causa dell'insufficienza respiratoria.

Antibiotici

Gli antibiotici per via parenterale devono essere somministrati il più presto possibile dopo aver effettuato i prelievi di sangue, di liquidi organici e i tamponi delle ferite cutanee, da sottoporre a colorazione di Gram e all'esame colturale. Una terapia empirica immediata, iniziata subito dopo il sospetto di sepsi, è essenziale e può salvare la vita. La selezione degli antibiotici richiede un'ipotesi ragionata in base alla fonte di infezione sospetta (p. es., polmonite, infezione del tratto urinario), al contesto clinico, alla conoscenza o sospetto dei microrganismi e ai tipi di sensibilità comuni alla specifica unità di degenza o di ospedale e ai precedenti risultati colturali.

Tipicamente, viene utilizzata una terapia antibiotica ad ampio spettro attiva verso batteri gram-positivi e gram-negativi; i pazienti immunocompromessi devono inoltre aggiungere in terapia empirica un farmaco antifungino. Ci sono diversi possibili regimi iniziali; quando disponibile, l'epidemiologia delle specie batteriche ed i profili di farmaco-resistenza di maggior riscontro all'interno della propria istituzione dovranno essere utilizzati per selezionare il trattamento empirico. In generale, gli antibiotici più comunemente utilizzati per la copertura empirica dei batteri gram-positivi includono vancomicina e linezolid. La copertura empirica dei batteri gram-negativi ha più opzioni e comprende penicilline ad ampio spettro (p. es., piperacillina/tazobactam), cefalosporine di 3a o 4a generazione, carbapenemi e aminoglicosidi. La copertura iniziale viene ristretta sulla base dei dati della coltura e dell'antibiogramma.

Controllo della sorgente

Il sito di infezione deve essere controllato il prima possibile. Gli accessi venosi, i cateteri urinari e i tubi endotracheali devono essere rimossi, se possibile, o cambiati. Bisogna drenare gli ascessi ed asportare chirurgicamente i tessuti necrotici e devitalizzati (p. es., colecisti gangrenosa, infezione necrotizzante del tessuto molle). Se l'escissione non è possibile (p. es., a causa di comorbilità o di instabilità emodinamica), il drenaggio chirurgico può aiutare. Se la sorgente non è controllata, le condizioni del paziente continueranno a deteriorarsi nonostante la terapia antibiotica.

Altre misure di supporto

La normalizzazione della glicemia migliora i risultati nei pazienti critici, persino in quelli con un'anamnesi negativa per diabete, perché l'iperglicemia compromette la risposta immunitaria all'infezione. Un'infusione continua di insulina (dose iniziale 1-4 unità/h) EV viene titolata in modo da mantenere la glicemia tra 110 e 180 mg/dL (7,7 to 9,9 mmol/L). Questo approccio necessita di una misurazione frequente della glicemia (p. es., ogni 1-4 h).

Una terapia con corticosteroidi può essere utile nei pazienti che rimangono ipotesi nonostante il trattamento con liquidi EV, il controllo del sito di infezione e la somministrazione di antibiotici e vasopressori. Non è necessario misurare i livelli di cortisolo prima dell'inizio della terapia. Il trattamento consiste in una sostituzione, piuttosto che con dosi farmacologiche. Un protocollo terapeutico è rappresentato da idrocortisone alla dose di 50 mg EV ogni 6 h (o 100 mg ogni 8 h). Il trattamento continuo si basa sulla risposta del paziente.

Studi clinici con anticorpi monoclonali e la proteina C attivata (drotrecogin alfa, non più disponibile) sono stati fallimentari.

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