Avvocato
Andrea Cova
Assistenza in tutta Italia per ogni tipologia di responsabilità sanitaria
Responsabilità dell'infermiere
La Professione Infermieristica, nel corso degli anni, ha subito cambiamenti imputabili all’evoluzione normativa che ha consentito il passaggio da attività ausiliaria a vera e propria professione sanitaria, dotata di un autonomo profilo professionale e di un codice deontologico.
La funzione dell’infermiere è sempre stata più defilata rispetto a quella del medico, su cui si accentrano le responsabilità in caso di colpa medica, anche se sussistono diverse fattispecie in cui la responsabilità sanitaria è individuabile, in via alternativa o concorrente con altri, in capo all’infermiere.
In termini generali l’infermiere deve seguire le direttive indicate dal medico e al riguardo una normativa datata, (D.P.R. 14.03.1974, n. 225, c.d. “mansionario”) ora abrogata dalla L. 26.02.1999, n. 42, elencava analiticamente le mansioni che potevano essere svolte dall’infermiere, prevedendo che la responsabilità di tali funzioni venissero imputate direttamente al medico e il medico in posizione apicale (c.d. primario) fosse tenuto a vigilare sulle attività svolte dal personale ausiliario ed esecutivo (D.P.R. n. 761/1979).
Tale normativa è stata sostituita dalla disciplina legislativa che ha riconosciuto l’autonomia dell’infermiere rispetto al personale medico.
Il D.M. 14.09.1994, n. 739 prevede che l’infermiere è responsabile dell’assistenza generale infermieristica, mentre la L. 26.02.1999, n. 42 che, come già evidenziato, ha abrogato il c.d. mansionario, ha eliminato anche le mansioni prima predeterminate dell’infermiere attribuendo alla relativa attività la qualifica di autonoma professione sanitaria non più subordinata al medico, come specificamente previsto dalla L. 10.08.2000, n. 251 che ha espressamente affermato che l’esercizio della professione di infermiere deve essere privo di qualsiasi vincolo di subordinazione rispetto alle altre professioni sanitarie.
Oggi in base al combinato disposto tra le citate normative ed il Codice Deontologico vanno individuate, secondo la L. n. 42/1999, le competenze infermieristiche in un range che, comunque, non può invadere le competenze previste per i medici e per gli altri professionisti sanitari. L’infermiere è, al pari del medico, titolare di una autonoma posizione di garanzia, che in qualche caso, può anche aggiungersi a quella del medico ed il cui fondamento è rinvenibile
- nell’art. 1, L. n. 251/2000 in forza del quale «gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura ed alla salvaguardia della salute individuale e colle ttva»,
- nonché negli art. 1 e 6 del Codice Deontologico dell’Infermiere del 2009 per i quali, «l’infermiere è il professionista sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica» e «l’infermiere riconosce la salute come bene fondamentale della persona e interesse della collettività e si impegna a tutelarla con attività di prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione».
Nel caso in cui, invece, l’infermiere svolga un’attività delegata dal medico la posizione di garanzia graverà su entrambi in quanto anche se l’attività viene svolta dall’infermiere, permane in capo al medico, che ha effettuato la delega, l’obbligo di vigilanza e controllo delle attività delegate.
Una delle principali funzioni svolte in autonomia dall’infermiere è il triage ospedaliero che consiste in una prima visita, sommaria, in cui al paziente viene assegnato un preciso codice, corrispondente alla gravità del suo stato e di essa non risponde quindi il medico di pronto soccorso il cui obbligo di garanzia comprende altre attività tra le quali, l’esecuzione di alcuni accertamenti clinici, la decisione circa le cure da prestare al paziente e l’individuazione delle prestazioni specialistiche che si rendano necessarie. Trattasi, quindi, di uno strumento organizzativo in grado di selezionare e classificare gli utenti che si rivolgono al Pronto Soccorso in base al grado di urgenza ed alle loro condizioni.
In genere si fa ricorso, al fine di classificare la gravità del caso, a diversi colori, anche se non si tra a di una regola inderogabile.
Il triage deve essere garantito in maniera continuativa presso tutte le strutture sanitarie che hanno più di 25mila accessi l’anno.
Al triage deve essere assegnato un infermiere dotato di specifiche competenze, previo un programma di formazione specifico.
I requisiti minimi che deve possedere l’infermiere triagista sono i seguenti:
1. 2. diploma di laurea in scienze infermieristiche o titolo equipollente, esperienza lavorativa in pronto soccorso di minimo sei mesi,
3. specifica formazione clinica, relazionale e sulla metodologia del triage.
Se la struttura conta più di 25mila accessi l’anno, l’infermiere addetto al triage deve dedicarsi in maniera esclusiva a tale funzione; nelle strutture più piccole, invece, il triage può essere comunque previsto ma il soggetto incaricato di gestirlo può svolgere anche altre funzioni all’interno del pronto soccorso.
L’infermiere che viola sia le linee guida del triage sia le regole di comune diligenza e perizia che sono richieste a chi opera in pronto soccorso e non assegna correttamente il codice di priorità, risponde del reato di omicidio colposo per il successivo decesso del paziente, conseguente all’omessa tempestiva esecuzione di un esame diagnostico che, altrimenti, sarebbe stato eseguito.
Ai fini della individuazione del nesso causale occorre la prova che l’assegnazione di un corre o codice di priorità avrebbe comportato, secondo le indicazioni delle linee guida e la buona pratica medica nel se ore infermieristico, l’effettuazione di cure in tempi sufficienti (es.: elettrocardiogramma entro trenta minuti) a intraprendere utilmente il corretto percorso diagnostico e terapeutico.
Occorre quindi accertare se l’evento avrebbe potuto essere evitato se l’agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta. Ai fini della colpevolezza occorre la violazione sia delle linee guida del triage, sia delle regole di comune diligenza e perizia richieste agli infermieri professionali addetti al Pronto Soccorso, tenuto conto dei sintomi mostrati dal paziente e della eventuale doverosa acquisizione, ove possibile tenuto conto della situazione di emergenza.
Altre funzioni svolte in autonomia sono; Compilazione cartella infermieristica e schede di valutazione; Preparazione e registrazione richieste di diagnostica; Controllo, registrazione e conservazione della documentazione sanitaria precedente al ricovero; Segnalazione al medico di un nuovo ricovero; Cura della tracheotomia, cannula nasofaringea e tubo endotracheale; Stesura dei piani riabilitativi; Addestramento per l’esecuzione di manovre specifiche per lo svuotamento vescicale; Gestione delle terapie parenterali; Gestione del cateterismo vescicale; Rilevazione e monitoraggio dei parametri vitali; Verifica della terapia somministrata; Esecuzione dell’elettrocardiogramma; Compilazione, verifica e registrazione delle richieste di esami prescritti dal medico; Preparazione della documentazione clinica necessaria per eseguire esami diagnostici; Preparazione del materiale necessario all’espletamento dell’esame diagnostico; Preparazione e rifornimento del carrello dei farmaci; Aggiornamento della cartella infermieristica; Medicazione cateteri, stomie, ferite, aghi cannula, drenaggi; Toilette chirurgica secondo i protocolli stabiliti; Preparazione, impostazione e gestione delle pompe di infusione; Controllo, registrazione e gestione delle richieste di sangue ed emoderivati; Tutoraggio del neoassunto o dello studente universitario; Triage di pronto soccorso.
Tra le funzioni svolte in collaborazione col medico: Fornire indicazioni al paziente sul programma diagnostico-terapeutico, tempi, modalità e tecniche che siano acconsentite dal medico; Somministrazione di terapie parenterali; Esecuzione del cateterismo vescicale; Preparazione della terapia infusiva; Somministrazione terapia enterale (dunque orale o topica); Somministrazione e controllo terapia peridurale (con possibilità di rifiutare la delega medica); Somministrazione terapie vacciniche; Esecuzione prelievi per esami ematochimici; Raccolta e conservazione dei materiali biologici; Preparazione/somministrazione dell’emotrasfusione (con possibilità di rifiutare la delega medica); Applicazione sondino nasogastrico; Posizionamento del catetere venoso centrale (con possibilità di rifiutare la delega medica); Rimozione sondini e cateteri; Contenzione. Anche la giurisprudenza ha dovuto prendere a o di tale mutato quadro normativo con la conseguenza che sono aumentate le pronunce, sia civili che penali, concernenti la responsabilità dell’infermiere, in precedenza coperta ed assorbita in quella del medico.
Sotto il profilo penale, l’autonomia delle funzioni e la sussistenza di una posizione di garanzia consentono, ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p. di ravvisare a responsabilità penale dell’infermiere nel caso in cui sussista l’obbligo giuridico di impedire l’evento.
Sussiste, ad esempio la responsabilità dell’infermiere per omesso avviso al medico in caso di aggravamento delle condizioni cliniche del paziente, dovendo comunque vigilare sul paziente e richiedere prontamente l’intervento del medico in caso di criticità; sussiste inoltre l’obbligo generale di Responsabilità medica e della struttura sanitaria sorveglianza dei pazienti ricoverati nel proprio reparto, con visite anche ripetute e ravvicinate in base alle condizioni del paziente, potendo anche configurarsi una responsabilità concorrente, ai sensi dell’art. 41 c.p., del medico, soggetto su cui grava anche l’obbligo di impedire l’evento.
Cambiano anche i profili di responsabilità dell’infermiere con riferimento alla somministrazione di farmaci; l’art. 1, comma 3 , D.M. n. 739/1994 prevede che alla lettera a ) «l’infermiere partecipa all’identificazione dei bisogni della persona» e alla lettera d ) che «l’infermiere garantisce la corre a applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche».
Il codice deontologico dell’Infermiere del maggio 1999 (revisionato nel 2009) prevede, art. 9, che «l’infermiere nell’agire professionale si impegna ad operare con prudenza al fine di non nuocere», art. 13 che «l’infermiere assume la responsabilità in base al proprio livello di competenza» e l’art. 22 secondo cui «l’infermiere conosce il progetto diagnostico-terapeutico per le influenze che questo ha sul percorso assistenziale e sulla relazione con l’assistito».
Sempre il predetto codice deontologico stabilisce che «la responsabilità dell’infermiere consiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura della persona, nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo»; «l’infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiorna saperi e competenze attraverso la formazione permanente […]»; «assume responsabilità in base al livello di competenza e ricorre, se necessario, all’intervento o alla consulenza di infermieri esperti e specialisti».
La somministrazione dei farmaci è un compito di competenza dell’infermiere che, tuttavia, alla luce della normativa sopra indicata, assume la funzione nuova di collaboratore del medico e non di mero esecutore di ordini e, in caso di dubbi sulla correttezza dei farmaci prescritti o in caso di reazioni allergiche, dovrà provvedere ad informare il medico e in caso di rilevata necessità intervenire prontamente per evitare danni al paziente.
Va comunque, rilevato che la prescrizione dei farmaci è di competenza del medico e solo la somministrazione è compito dell’infermiere che, in termini generali, con le precisazioni già evidenziate, risponderà di errori legali alla sola somministrazione, ma non alla prescrizione, a meno che non sia evidente l’errore del medico al riguardo e in tal caso l’infermiere lo deve rilevare e segnalare al medico prescrittore.
Eccezioni normativamente previste sono individuabili nel D.P.R. 27.03.1992, con riguardo alle situazioni di emergenza nelle quali l’infermiere è abilitato alla somministrazione di farmaci senza prescrizione, operando, in tale evenienza, la scriminante dello stato di necessità (art. 54 c.p.), oppure in caso di intervento del 118 (c.d. area critica).
La funzione dell’infermiere, nel corso dell’intervento chirurgico, è di assistenza del personale medico cui vanno riferite le attività svolte.
Il personale paramedico è obbligato a somministrare i trattamenti terapeutici disposti dal personale medico 343 . I medici possono fare legi imo affi damento sull’esecuzione degli ordini da parte del personale infermieristico, «a meno che particolari contingenze temporali in cui l’ordine venga impartito (ad esempio un fi ne turno degli infermieri) e prassi ad esse connesse (quale quella di trasferire l’ordine ai subentranti), dal medico conosciute, impongano il controllo sull’esecuzione dell’ordine dato»
All’infermiere non può essere, tuttavia richiesta una non esigibile competenza medica e in presenza di situazioni di emergenza è sufficiente richiedere l’intervento del medico.
La responsabilità dell’infermiere può essere individuata nella negligenza nel compimento di quanto rientra nella specifica competenza infermieristica. Ad esempio la mancata apposizione delle spondine del letto, per il rifiuto opposto dal paziente, non esimono l’infermiere da responsabilità per omicidio colposo in caso di decesso per grave trauma contusivo conseguente a caduta accidentale; né può essere richiamato il comportamento negligente tenuto dagli altri operatori sanitari quale scusante, poiché sia l’obbligo di protezione che la posizione di garanzia gravanti sulla fi gura dell’infermiere determinano l’obbligo di adozione di misure preventive a e ad evitare il verificarsi di eventi accidentali.
Gli infermieri non devono assumere un atteggiamento distratto, manifestando fastidio per le continue richieste di intervento; devono essere diligenti nell’informare il personale medico della reale situazione del paziente, tenuto conto che erano delle cognizioni tecniche in loro possesso per comprendere la gravità della situazione.
Vi è responsabilità civile dell’infermiere che non avvisa in tempo il medico, in rapporto eziologico col danno subito dal paziente, in quanto il paramedico non può ignorare le richieste dei parenti del degente o dello stesso.
Rientra nei compiti (non solo del sanitario, ma anche) dell’infermiere quello di controllare il decorso della convalescenza del paziente ricoverato in reparto, sì da poter porre le condizioni, in caso di dubbio, per un tempestivo intervento del medico, esplicando tale soggetto un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, in quanto onerato di vigilare sul decorso post-operatorio, proprio ai fini di consentire l’intervento del medico.
In caso di spostamento da parte dell’infermiere del paziente dal tavolo operatorio alla barella, indi al letto, in caso di lesioni subite dal paziente che non siano da ricollegarsi eziologicamente all’intervento chirurgico, nel caso in cui manchi altresì la prova che il danno sia dipeso da una cattiva posizione anestesiologica, causa delle stesse è da rinvenirsi nelle probabili manovre di stiramento effettuate dagli ausiliari nello spostare il paziente subito dopo l’Interervento chirurgico dal tavolo operatorio alla barella e da quest’ultima al letto di degenza; in tal caso, deve ritenersi obbligata al risarcimento la casa di cura ai sensi dell’art. 2049 c.c..
Anche le mansioni di preparazione e controllo delle apparecchiature e del materiale necessario per l’anestesia generale e di sorveglianza della regolarità del funzionamento degli apparecchi di respirazione automatica e tali disposizioni sono applicabili anche agli infermieri professionali che, benché non specializzati in anestesia, sono destinati specificamente alle mansioni di fa o degli specializzati in anestesia. Sussiste, pertanto, la responsabilità di costoro per colpa nel caso di somministrazione nel corso di intervento chirurgico di protossido di azoto anziché di ossigeno a causa dell’inversione di innesto di tubi portanti i deigas, anche se l’inversione è stata materialmente effettuata da altri».
Se l’infermiere è impossibilitato ad intervenire per altra chiamata deve poter dimostrare tale situazione mediante annotazione nei registri di reparto, nella cartella clinica del malato nella immediatezza del fatto, oppure con apposita relazione preventiva, nel caso del verificarsi di un danno conseguente al mancato intervento, in quanto successivamente diventa difficile fornire tale prova in maniera credibile.
Deve, comunque, sussistere il nesso causale tra l’omesso intervento del medico e l’evento; si è affermato che «integra la fa ispecie del rifiuto di compiere un atto di ufficio il comportamento di una infermiera che richiesta da un paziente di procedere alla sua pulizia per motivi di igiene e sanità, la ritardi in quanto impegnata nell’attività di distribuzione del vitto, in quanto l’operazione di pulizia personale rivestiva cara ere d’urgenza e la prescrizione di tale compito non necessitava di un ordine specifi co del medico, sussistendo una dire iva emanata ai sensi dell’art. 6 del d.p.r. n. 225/1974, impartita in via generale e sulla base di turni di servizio».
Con riferimento alla responsabilità della caposala secondo l’art. 41, comma 1, D.P.R. n. 128/1969 – che regola l’ordinamento interno dei servizi ospedalieri – il caposala «... controlla il prelevamento e la distribuzione dei medicinali, del materiale di medicazione, e di tu i gli altri materiali in dotazione» ... tra i quali devono ricomprendersi le sostanze venefiche.
Vero è che l’art. 1, D.P.R. n. 225/1974, alla le . f ) affida all’infermiere professionale il compito di custodia dei veleni, ma, non avendo tale disposizione abrogato, la già citata precedente disposizione di legge, è da intendere che il compito di custodia dell’infermiere professionale concorra con l’identico compito del caposala senza, ovviamente, escluderlo.
Risarcimento danni
Lo Studio dell'Avvocato ANDREA COVA è specializzato in risarcimento danni da errore medico e responsabilità sanitaria e segue regolarmente casi in tutta Italia.
Gli avvocati dello Studio dell'Avvocato ANDREA COVA assistono in tutta Italia chi è stato vittima di malasanità e i loro familiari, consentendogli di ottenere il giusto risarcimento.
Se Tu o un Tuo familiare pensate di avere subito gravi danni a causa di una responsabilità della struttura ospedaliera, contattateci; Vi aiuteremo a capire:
- se c’è stata responsabilità da parte dell’Ospedale;
- se il danno era evitabile e
- se avete diritto a un risarcimento danni.
Se ritieni di essere vittima di un caso di Malasanità contatta lo Studio dell'Avvocato ANDREA COVA per sapere se hai diritto a un risarcimento dei danni che hai subito compilando il modulo a fianco, raccontando cosa è accaduto e descrivendo le tue perplessità in proposito.
Indica anche nome, cognome, data di nascita e numero di telefono, per un immediato contatto.
Oppure prenota una videoconferenza con l'Avv. Andrea Cova scrivendo al nr. WhatsApp 338.1209218.
Ordine Avvocati di Bologna – PEC avv.andrea.cova@ordineavvocatibopec.it - P. Iva 04255210371 –