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Andrea Cova

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Responsabilità della struttura sanitaria


Con la locuzione "responsabilità della struttura sanitaria", si intende far riferimento alla consolidata tendenza a riconoscere nel difetto di organizzazione dell’ente una autonoma fonte di responsabilità, che prescinde da quella del medico dipendente dall’ente stesso. 

A seguito della progressiva evoluzione degli orientamenti giurisprudenziali, tale responsabilità si è ampliata ed arricchita di nuovi contenuti. Si pensi al riguardo ai contagi da COVID -19 durante il periodo della pandemia (Leggi tutto).

La struttura sanitaria, quale debitore della prestazione complessa di “assistenza sanitaria”, deve ritenersi tenuta a mettere a disposizione il proprio apparato strutturale organizzativo e tecnologico in funzione della cura del paziente.

Tante sono le pronunce che parlano di una responsabilità autonoma della struttura da carenza o inefficienza organizzativa, volendo alludere con tale locuzione a tutto quell’insieme di prestazioni che la struttura assume su di sé in funzione della cura del paziente e che si possono considerare ricomprese in un generale dovere di disporre di adeguate e bene organizzate risorse umani, strutturali, di attrezzature e tecnologie

Il rapporto che sorge tra struttura sanitaria e paziente non è solo di tipo "alberghiero" ma si estrinseca anche nella messa a disposizione da parte della prima a vantaggio del secondo dei macchinari, dei medicinali, del personale medico e paramedico.

Il soggetto struttura sanitaria rileva insomma sotto molteplici aspetti, ad esempio come datore di lavoro del personale coinvolto, come soggetto direttamente responsabile della vigilanza e del mantenimento decoroso e funzionale dello stato dei luoghi e così via.

Andando più nel dettaglio, accade pertanto che talvolta la lesione al paziente sia causata direttamente dalla struttura sanitaria. Il danno, infatti, può derivare anche da vere e proprie carenze organizzative e strutturali all'interno della struttura stessa, la quale, quindi, si rivela il soggetto che ne è direttamente responsabile.

Ad esempio, può verificarsi che il medico si trovi ad operare con strumenti totalmente inadeguati o obsoleti o che proprio per questo si rifiuti di eseguire un esame o un intervento che si sia rivelato in seguito fondamentale per evitare il danno; che i macchinari per la diagnostica non siano funzionanti; che la carenza di personale e la disorganizzazione nei turni di infermieri e medici causino difetti di vigilanza nei confronti dei pazienti e conseguenti lesioni irreparabili.

Purtroppo, la cronaca italiana racconta che troppo spesso simili situazioni, da semplici esempi teorici, si trasformano in realtà.

La natura della responsabilità della struttura sanitaria (come quella della responsabilità del sanitario) è stata per lungo tempo terreno di acerbi scontri in dottrina e in giurisprudenza, in assenza di una normativa di legge che chiarisse in maniera decisa se essa dovesse ritenersi contrattuale o extracontrattuale.

A placare i contrasti in argomento è tuttavia intervenuta recentemente la cd. Legge Gelli (n. 24/2017) che ha creato una sorta di doppio binario, in cui alla responsabilità extracontrattuale del medico (salvo alcune eccezioni) si contrappone la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, sia essa pubblica che privata.

Pertanto oggi, senza più alcun dubbio, può affermarsi che quest'ultima risponde degli eventali danni cagionati ai suoi pazienti ai sensi dell'articolo 1218 del codice civile.

Fino a pochissimo tempo fa, come accennato, era invece la giurisprudenza che era chiamata a dare una corretta qualificazione della natura della responsabilità della struttura sanitaria, con tutte le conseguenze da essa derivanti, soprattutto in merito alla ripartizione dell'onere probatorio.

In ogni caso, già da qualche anno i giudici avevano ormai pacificamente riconosciuto gravante in capo alla struttura una responsabilità di natura contrattuale, fondata sul cd. contratto di spedalità, ovverosia quello in forza del quale la struttura sanitaria è tenuta a fornire al paziente una prestazione complessa, di assistenza sanitaria, che va dalla messa a disposizione di spazi veri e propri (il posto letto, la struttura di pronto soccorso), alla garanzia di tempestività d'azione e dunque di personale sufficiente e tecnicamente efficiente, all'utilizzo di macchinari in linea con la tecnologia che un determinato momento storico è in grado di fornire.

Peraltro, la struttura sanitaria è chiamata a rispondere a titolo contrattuale non solo per le proprie omissioni, derivanti dal rapporto che essa instaura in maniera diretta con il paziente, ma anche per il fatto del proprio personale dipendente o ausiliario (medico ed infermieristico). In tale secondo caso, più in particolare, esiste una responsabilità solidale tra struttura sanitaria e personale.

Tale assunto è ancor più vero con riferimento alle strutture sanitarie pubbliche, rispetto alle quali opera, ex art. 28 Costituzione, il c.d. “principio di immedesimazione organica” che sancisce che "i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici".

La consacrata natura contrattuale della responsabilità civile della struttura sanitaria necessita di una particolare riflessione in materia di onere probatorio.

Infatti, come chiarito dalla Cassazione con una sentenza del 2009 (quando, cioè, era solo la giurisprudenza a ricondurre la responsabilità della struttura nell'alveo della responsabilità contrattuale), "in tema di responsabilità dell'ente ospedaliero per inesatto adempimento della prestazione sanitaria, inquadrabile nella responsabilità contrattuale, è a carico del danneggiato la prova dell'esistenza del contratto e dell'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie), nonché del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, restando a carico di questi ultimi la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto ed imprevedibile" (Cass. n. 975/2009).

In ogni caso, numerose altre pronunce hanno a tal proposito puntualizzato che il danneggiato ha l'onere di allegare delle inadempienze qualificate della struttura sanitaria, astrattamente idonee a provocare (quale causa o concausa efficiente) il danno lamentato, mentre resta poi a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare o che non possa essergli mosso alcun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto incidenza causale sulla produzione del danno.

Di seguito si riportano alcune pronuce rilevanti della Cassazione in materia di responsabilità della struttura sanitaria

"Deve escludersi che una struttura sanitaria, che esegua all'interno di essa un intervento chirurgico di urgenza, agisca in stato di necessità e possa di conseguenza essere ritenuta non responsabile ex art. 2045 c.c., dei danni riportati dai pazienti ove gli stessi abbiano subito un danno ingiusto" (Cass. n. 13919/2016)

"Allorquando un paziente viene ricoverato in una struttura sanitaria gestita, in virtù di apposita convenzione, da un soggetto diverso dal proprietario, dei danni causati dai medici ivi operanti è tenuto a rispondere non già quest'ultimo bensì il soggetto che di tale struttura ha la diretta gestione, in quanto è col primo e non col secondo che il paziente stipula, per il solo fatto dell'accettazione nella struttura, il contratto atipico di spedalità" (Cass. n. 7768/2016)

"In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia in rapporto causale con l'intervento medico ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante" (Cass. n. 5590/2015).

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