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Andrea Cova

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Mancanza del consenso informato


Il primo obbligo connesso alla prestazione medica è, senza dubbio, quello dell’informazione.

Il rapporto che si instaura tra il paziente ed il medico o la struttura sanitaria ha natura contrattuale. In tale contratto (che si configura come una fattispecie a formazione progressiva) possono cogliersi due momenti qualificanti.

  • Nel primo il medico è tenuto ad effettuare la diagnosi, ad indicare la terapia, nonché a fornire tutte le informazioni connesse;
  • nel secondo, il paziente, se crede, conviene con il medico l’attuazione della terapia.  

Il consenso informato in ambito sanitario è una tematica che molto spesso presta il fianco a fraintendimenti, sia da parte dei pazienti, sia da parte dei medici.

Molti pazienti percepiscono infatti la sottoscrizione del modulo di consenso informato, magari, poco prima di entrare in sala operatoria, e senza nemmeno averne letto e compreso il contenuto, come un escamotage messo in campo dai medici e dalle strutture sanitarie per liberarsi da ogni obbligo risarcitorio nel caso in cui, a seguito dell’intervento, qualcosa dovesse andare storto. Non è raro sentire parlare i pazienti di liberatoria.

D’altro canto, molti medici vivono gli obblighi correlati alla sottoscrizione del modulo di consenso informato come adempimenti meramente burocratici e che, quindi, appesantiscono oltremodo l’attività professionale quotidiana, già di per sé piuttosto frenetica ed impegnativa; taluni medici sono invece in linea con il pensiero dei pazienti e credono pertanto che il modulo, con la descrizione delle complicanze correlate al trattamento proposto alla persona assistita, possa scongiurare ex se future pretese risarcitorie.

In realtà, la sottoscrizione del modulo di consenso informato altro non è che l’atto conclusivo di un iter di informazione che ogni sanitario dovrebbe esaustivamente garantire ai propri pazienti. 

E, infatti, solo dopo aver valutato tutte le informazione ricevute dal medico, che i pazienti possono decidere, in maniera libera e consapevole, se autorizzazione o meno un trattamento sanitario.

La sottoscrizione del modulo, all’esito di una corretta informazione, non rappresenta pertanto un mero obbligo di legge, privo di sostanza, ma costituisce -al contrario- l’espressione di diritti fondamentali della persona, per il paziente, oltre che l’espressione della professionalità e dell’autonomia del medico.

Un’informazione completa, aggiornata e comprensibile assicura dunque, da un lato, il corretto esercizio dell’autonomia decisionale del paziente e dunque del suo diritto autodeterminarsi liberamente, ma tutela, nel contempo, anche l’autonomia professionale, la competenza e la responsabilità degli esercenti la professione sanitaria, così come sancito dall’art. 1 della L. 219/2017.

Mancanza di consenso informato.

Il consenso informato costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario: infatti, in mancanza dello stesso, l’intervento del medico è sicuramente illecito, anche quando praticato nell'interesse del paziente.

Fondamento giuridico

Il principio del consenso informato trova sicuro fondamento nelle norme della Costituzione: nell'art. 2 che tutela e promuove i diritti fondamentali della persona umana, della sua identità e dignità; nell'art. 13 che garantisce l’inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica; nell'art. 32 che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo, oltre che come interesse della collettività, e prevede la possibilità di trattamenti sanitari obbligatori, ma li assoggetta a una riserva di legge, qualificata dal necessario rispetto della persona umana e ulteriormente specificata con l’esigenza che si prevedano, a opera del rispetto del legislatore, tutte le cautele preventive possibili atte a evitare il rischio di complicanze.

L'art. 33 della Legge del 23.12.1978 n. 833 esclude la possibilità di accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questi non è in grado di esprimerla e non ricorrano i presupposti dello stato di necessità.

Una Direttiva Europea del Dicembre 2009 rende il consenso informato obbligatorio per tutti i tipi di vaccinazione, per tutti i cittadini.

Il consenso informato ha valore legale di liberatoria per i medici e le aziende che producono il farmaco somministrato per le richieste di risarcimento per eventuali danni provocati alla salute del paziente dal trattamento sanitario. La liberatoria non ha valore e le richieste sono legittime per le informazioni che sono state omesse e non correttamente riportate.

Il Nuovo Codice di Deontologia Medica del  16 dicembre 2006 disciplina gli obblighi di informazione al paziente negli articoli da 30 a 34. In particolare, l'art. 35 stabilisce che il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l'acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente.

La necessità che il paziente sia posto in condizione di conoscere il percorso terapeutico si evince, altresì, da ulteriori leggi nazionali che disciplinano specifiche attività mediche (v. Legge 21 ottobre 2005, n. 219, articolo 3, Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati; Legge 19 febbraio 2004, n. 40, articolo 6, Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.

Nel 2017 in Italia sono state promulgate due leggi che hanno riformato profondamente il “come” si agisce nell’ambito medico-sanitario, con implicazioni sia per i medici, sia per le strutture sanitarie: la legge 24/17 (“Gelli - Bianco”) e la 219/17 (“Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, detta anche “legge sul biotestamento”), che all’articolo 1 disciplina il Consenso Informato per la prima volta in Italia.

L'art. 1 della l. n. 219/2017, entrata in vigore il 31 gennaio 2018 (ed applicabile alle manifestazioni di consenso successive a tale data: Cass. civ. n. 12998/2019), intitolato “Consenso informato”, codificando principi ormai da tempo cristallizzati nella giurisprudenza costituzionale e di legittimità, ha espressamente sancito che: «nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata».

Affinché la prestazione medico-sanitaria si configuri come lecita e legittima è, dunque, necessario che la stessa venga preceduta da un valido consenso al trattamento espresso dal soggetto che ne è destinatario.

Il consenso al trattamento deve provenire da soggetto legalmente capace, deve essere immune da errore, violenza e dolo e può essere prestato dal paziente solo allorquando vengano al medesimo fornite, dal personale sanitario “informazioni adeguate”, secondo lo schema della “relazione di cura” emergente dalle norme contenute nella legge sul “biotestamento”.

L'art. 2 precisa, infatti, che «è valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l'autonomia decisionale e la responsabilità del medico».

Dalla disposizione emerge una sorta di “alleanza terapeutica” che deve caratterizzare il rapporto medico-paziente di cui sono, da una parte, soggetti attivi obbligati l'equipe sanitaria e la stessa struttura sanitaria, secondo un approccio organizzativo analogo a quello predisposto dalla legge 24/2017, e, dall'altra parte, soggetti destinatari dell'obbligo vale a dire il paziente e, solo qualora questi lo voglia, anche i familiari o una persona di fiducia incaricati di ricevere le relative informazioni.


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