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Andrea Cova

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Il danno catastrofale


La nozione di danno catastrofico è una figura di creazione giurisprudenziale.

La prima sentenza è la Cass. civ. sez. III, 2 aprile 2001 n. 4783 che statuisce che in caso di lesione illecita che abbia portato a breve distanza di tempo ad esito letale, sussiste in capo alla vittima, che abbia lucidamente percepito l'approssimarsi della morte, un danno biologico di natura psichica, la cui entità non dipende dalla durata dell'intervallo di tempo tra lesione e morte, bensì dall'intensità della sofferenza provata dalla vittima dell'illecito. Ciò in quanto le lesioni mortali conducono, secondo l'esperienza medico legale e psichiatrica (secondo quella psichiatria nordamericana deve essere ricondotto nella scala DSM III degli eventi psicosociali stressanti, di sesto livello, che è quello più elevato), alla presenza di un danno “catastrofico” (l'espressione la si deve al Consigliere relatore dr. Giovanni Battista Petti) per intensità a carico della psiche del soggetto, che attende lucidamente l'estinzione della propria vita essenzialmente come sofferenza esistenziale e non già come dolore. L'intensità della sofferenza e della disperazione possono essere apprezzate dalla vittima, pur nel breve intervallo delle residue speranze di vita.

Costituisce indirizzo consolidato della Suprema Corte (Cass. civ., 16 maggio 2003 n. 7632; Cass. civ., 23 febbraio 2004 n. 3549 e Cass. civ., n. 11601/2005) che la brevità del periodo di sofferenza non è di ostacolo al fatto che la vittima abbia avuto contezza della gravità delle lesioni subite, con l'inevitabile riconoscimento di un “pati” (inteso come percezione della sofferenza) da ascriversi sotto il profilo e conseguente ristoro del danno morale.

Nello stesso senso Cass. civ. S.U., 11 novembre 2008, n. 26972, secondo cui una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione.

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