Avvocato
Andrea Cova
Assistenza in tutta Italia per ogni tipologia di responsabilità sanitaria
Il danno psichico correlato
a erronei trattamenti odontoiatrici
Con frequenza crescente capita che erronei o incongrui interventi odontoiatrici provochino danni alla sfera psichica e psicologica del paziente.
Tali danni possono essere risarciti, se ne viene dimostrata la sussistenza.
Il primo problema che si pone, è chi debba evidenziare e valutare tale danno.
Il discorso deve muovere dal presupposto secondo cui, ove si sia in presenza di una patologia psichica, competente alla sua valutazione deve essere il medico-legale o il medico-specialista.
Al contrario, nei casi in cui non risulti la sussistenza di una tale patologia, potrà essere lo stesso medico-odontoiatra a gestire direttamente la situazione.
In particolare, ciò si verifica allorché non risulti alcun riscontro documentale di accertamenti e/o trattamenti effettuati nel periodo successivo all'intervento odontoiatrico in discussione o non è trascorso tempo sufficiente (almeno un anno) perché possa presumersi una stabilizzazione del danno ovvero la certificazione presentata non si mostri accettabile ed esaustiva.
L'inaccettabilità delle richieste può, quindi, essere dedotta dal medico-odontoiatra non implicando alcun atto da riservarsi in via esclusiva alla professione medico-chirurgica.
Sul piano operativo dunque il medico-odontoiatra ben può ritenere non sussistente il danno psichico/psicologico laddove il medesimo non sia supportato da adeguata e documentata diagnosi.
L’odontologo forense dovrà, quindi, verificare se l’intervento odontoiatrico e le sue conseguenze, oltre che, ovviamente, erronei o malcondotti, siano causalmente adeguati, con riferimento al tipo di intervento, alla durata di applicazione, alle caratteristiche delle conseguenze, ad eventuali sofferenze e disagi che possano avere comportato un coinvolgimento psichico che, nel caso di specie, travalichi l’ordinario fastidio che lo stesso tipo di intervento avrebbe determinato in chiunque lo avesse subito (criterio dell’adeguatezza lesiva).
L’assistito deve essere in grado di esibire prova documentale di essersi sottoposto a visite e controlli psicologici o psichiatrici nel periodo di tempo successivo al trattamento e che da tali accertamenti sia emersa la sussistenza di un quadro patologico oggettivo e permanente (criterio della continuità fenomenica).
Il danno stesso deve risultare accertato nella sua fondamentale stabilizzazione, a distanza di un congruo lasso di tempo dall'inizio della sintomatologia e l’inizio stesso deve essere databile in un tempo congruo successivo al trattamento (la soddisfazione del criterio cronologico, infatti, prevede, ad esempio, che i sintomi di un coinvolgimento psichico si manifestino a breve distanza dal termine del trattamento e che possano considerarsi stabilizzati non prima che siano decorsi sei mesi-un anno dalla loro iniziale manifestazione).
Una accurata anamnesi deve poter escludere, nei limiti, ovviamente che si possono riservare a quanto riferito, che sussistano altri elementi causali, in presenza di danno psichico, causalmente dotati di pari o maggiore efficienza lesiva rispetto al trattamento odontoiatrico, cui riservare maggiore considerazione, rispetto a quello, in termini di determinismo causale (Criterio di esclusione).
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