Avvocato
Andrea Cova

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Aborto spontaneo

L’espressione aborto spontaneo indica un’interruzione spontanea della gravidanza entro la ventesima settimana di gestazione, ossia prima che il feto sia ipoteticamente in grado di sopravvivere autonomamente in caso di parto.

È necessario che il personale sanitario gestisca correttamente questa fase al fine di evitare gravi danni per la donna.

Se si ritiene di essere stati vittima di un errore medico o di un caso di malasanità, conviene rivolgersi a un Avvocato che si occupi principalmente di risarcimento danni per responsabilità sanitaria.

La responsabilità del medico e, quindi, dell'Ospedale, potrebbe derivare dal mancato riconoscimento precoce del futuro aborto o dall'incapacità di gestirlo, eseguendo terapie sbagliate, tardive, inefficaci o, comunque, non tempestive.

Un errore nella mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare nei casi più gravi, al decesso della madre.

In questo caso anche i familiari del paziente vittima di malasanità, potrebbero avere diritto al risarcimento e cioè il marito (convivente more uxorio o il partner convivente), i genitori, il figlio o la figlia, i fratelli o le sorelle e gli eredi.

Il medico legale, coadiuvato da un medico specialista e affiancato dal legale, può capire se vi siano stati errori e verificare se vi sia responsabilità del medico o dell’Ospedale.

Essenziale in questa fase sarà lo studio della documentazione medica, tra cui cartella clinica, esami e consenso informato che dovranno essere richiesti alla struttura.

Sono tantissimi gli aborti che avvengono molto precocemente, spesso anche prima che la donna si renda conto di essere incinta (una percentuale variabile dal 10 al 25 per cento delle gravidanze termina con un aborto spontaneo).

La maggior parte dei casi si verifica durante le prime 13 settimane di gravidanza (primo trimestre).

Gli aborti spontanei in seguito a fecondazione artificiale da soli rappresentano circa il 50-75% del totale: la gravidanza si interrompe dopo l’impianto, provocando un sanguinamento che si verifica intorno alla data prevista per la mestruazione. Dopo la fecondazione assistita, la donna può quindi non rendersi nemmeno conto dell’avvenuto concepimento.

L’aborto spontaneo può verificarsi a causa di un problema del feto (ad esempio una patologia genetica o un difetto congenito) oppure della donna (anomalie strutturali degli organi riproduttivi, infezioni, uso di cocaina o alcol, fumo di sigaretta o una lesione), ma spesso la causa è ignota.

La morte fetale e il parto prematuro sono classificati come:

- Aborto: morte del feto o espulsione dei prodotti del concepimento (feto e placenta) prima della 20a settimana di gravidanza

- Decesso del feto (natimortalità): morte del feto dopo la 20a settimana

- Parto pretermine: uscita di un feto vivo tra la 20a e la 36a settimana/6 giorni.

PERCHÉ AVVIENE?

Esistono molti motivi diversi che causano l’aborto spontaneo, alcuni sono conosciuti, altri no.

È importante sottolineare con chiarezza che, nella maggior parte dei casi, la donna non può fare alcunché per prevenire l’aborto.

Prime settimane

Un aborto spontaneo nelle prime settimane è spesso la conseguenza di una gravidanza anembrionica (chiamata anche ovulo chiaro), ossia la conseguenza di un ovulo fecondato che si impianta correttamente in utero, ma che tuttavia non diventa un embrione.

Si tratta di un evento che nella maggior parte dei casi è imprevedibile ed inevitabile.

Quando ancora più precoce si parla invece di gravidanza biochimica, ad indicare la presenza di betaHCG in circolo (che positivizzano il test), ma seguite dalla comparsa del flusso mestruale nei tempi previsti o poco dopo.

Quando un evento di questo tipo è occasionale è considerato fisiologico e ininfluente sulla probabilità di future gravidanze (mentre una serie di ripetuti aborti precoci vanno affrontati con l’aiuto del ginecologo che provvederà alla prescrizione delle analisi per poliabortività).

Primo trimestre

Si pensa che la causa più frequente di aborto spontaneo nel primo trimestre (più della metà dei casi) sia da ricercarsi in un’anomalia cromosomica nel feto, di solito provocata da un problema dello sperma o dell’ovulo, che impedisce al feto di svilupparsi normalmente; questo può succedere a qualunque coppia, anche se in genere è più frequente all’aumentare dell’età dei genitori (in particolare della madre), ma è poco probabile che si verifichi nuovamente e soprattutto NON significa che ci siano problemi nel papà e/o nella mamma.

Tra i fattori di rischio più significativi ricordiamo:

- età della madre

- sotto i 30 anni si verifica nel 10% dei casi,

- fra i 35-39 in circa il 20% dei casi,

- dopo i 45 anni più della metà dei concepimenti potrebbe andare incontro a fine prematura;

- obesità,

- fumo durante la gravidanza,

- utilizzo di sostanze d’abuso (droghe),

eccesso di caffeina (in genere 2-3 caffè al giorno sono considerati una quantità sicura),

- consumo di alcolici.

Secondo trimestre

Durante il secondo trimestre sono invece gli eventuali problemi di salute materna a rappresentare un rischio nell’andare incontro ad un aborto spontaneo, per esempio in caso di:

- diabete,

- pressione alta,

- lupus,

- malattie renali,

- ipotiroidismo o ipertiroidismo,

- infezioni

- rosolia,

- citomegalovirus,

- vaginosi batterica,

- HIV,

- clamidia,

- gonorrea,

- sifilide,

- malaria,

- intossicazioni alimentari:

- listeriosi,

- toxoplasmosi,

- salmonellosi,

- farmaci (tra cui gli antinfiammatori),

- anomalie dell’utero (per esempio in caso di presenza di fibromi) o della cervice,

- sindrome dell’ovaio policistico (non è tuttora chiara la causa e la maggior parte delle donne che ne soffrono riescono a portare a termine la gravidanza senza alcun problema).

Fattori che NON causano aborto

Come sottolinea l’NHS inglese un aborto spontaneo non è collegato a:

- condizione emotiva della madre durante la gravidanza (stress, depressione),

- spaventi o shock emotivi,

- attività fisica moderata,

- lavoro e/o restare in piedi a lungo,

- rapporti sessuali,

- voli aerei,

- consumo di alimenti piccanti,

così come nemmeno

- malattie tiroidee subcliniche (lievi e prive di sintomi),

- utero retroverso,

- traumi minori.

I SINTOMI

I possibili sintomi di aborto spontaneo sono:

- sanguinamento vaginale,

- crampi e dolore addominale,

- perdita di liquidi e tessuti dalla vagina (come durante una mestruazione),

- sparizione dei sintomi di gravidanza (nausea, tensione mammaria).

Il sintomo caratteristico di aborto spontaneo è sicuramente il sanguinamento vaginale, che può variare da tracce di spotting rosato a sanguinamenti più importanti e abbondanti; le perdite possono avere un andamento alterno e/o proseguire anche per diversi giorni; si noti che, nonostante sia un sintomo comune di aborto spontaneo, molte donne incinte soffrono di perdite nelle prime fasi della gravidanza, ma non abortiscono.

Se si presenta uno dei sintomi seguenti, o se li avvertite tutti, è fondamentale contattare il ginecologo o recarsi al pronto soccorso per la diagnosi di un eventuale aborto spontaneo.

Ciclo dopo aborto spontaneo

Il ciclo mestruale che segue un aborto di norma di verifica 30 – 40 giorni dopo.

CLASSIFICAZIONE

L’aborto spontaneo in molti casi deve essere considerato come un processo e non come singolo evento. Esistono diversi stadi o tipi di aborto spontaneo, tra cui:

- Minaccia d’aborto. Lieve sanguinamento uterino nelle prime fasi della gravidanza, accompagnato da crampi o da mal di schiena nella parte inferiore della schiena. Il collo dell’utero rimane chiuso. Il sanguinamento spesso è la conseguenza dell’impianto.

- Aborto interno o ritenuto. È possibile non rendersi conto immediatamente di aver abortito. Si ha un aborto interno o ritenuto quando l’embrione è morto ma non viene espulso all’esterno. Le cause di questo fenomeno sono sconosciute. Tra i sintomi possiamo avere una diminuzione brusca dei sintomi della gravidanza e l’assenza di battito cardiaco fetale, evidenziata tramite l’ecografia.

- Aborto ricorrente. Si ha quando si verificano tre o più aborti spontanei durante il primo trimestre di gravidanza. Può colpire l’1% circa delle coppie che cercano di avere un figlio.

- Aborto da uovo bianco/cieco (o gravidanza anembrionica). L’ovulo fecondato si impianta nelle pareti uterine, ma lo sviluppo del feto non ha inizio. Spesso è presente la camera gestazionale, con o senza il sacco vitellino, ma il feto non inizia a crescere.

- Gravidanza ectopica. L’uovo fecondato si impianta in un luogo diverso dall’utero, nella maggior parte dei casi all’interno di una tuba. È necessario intervenire immediatamente per arrestare lo sviluppo dell’ovulo impiantato. Se non viene affrontata con tempestività, questa situazione potrebbe provocare gravi complicanze per la salute della madre.

- Gravidanza molare. Il risultato di un errore genetico durante la fecondazione provoca la crescita di tessuti anomali all’interno dell’utero. La gravidanza molare comporta raramente lo sviluppo di un embrione, ma spesso provoca tutti i sintomi più comuni della gravidanza, compresa l’amenorrea (mancanza delle mestruazioni), la positività ai test di gravidanza e una forte nausea.

TERAPIA

A seguito di aborto spontaneo, se non rimane traccia a livello uterino di feto e altri tessuti della gravidanza, non è necessario alcun trattamento; questo è tanto più probabile che si verifichi quando più precocemente si va incontro all’interruzione di gravidanza.

Nel caso in cui invece l’organismo non riesca ad espellere completamente i tessuti residui è possibile valutare con il ginecologo tre strategie:

- vigile attesa,

- terapia farmacologica,

- terapia chirurgica.

Lo scopo primario della terapia, che precede o segue l’aborto spontaneo, è quello di prevenire le emorragie e/o le infezioni. Più la gravidanza è in una fase precoce, maggiori sono le probabilità che l’organismo espella naturalmente tutti i tessuti fetali e che non siano necessari interventi medici.

Vigile attesa

A seguito di diagnosi di aborto in genere si aspettano 1-2 settimane per vedere se l’organismo sia in grado di andare incontro a una sorta di mestruazione che possa pulire l’utero; se crampi e sanguinamento si arrestano è molto probabile che sia così e il ginecologo consiglierà di verificare con un’ecografia o con una serie di dosaggi delle beta HCG per verificare l’assenza di residui.

In caso di comparsa di sanguinamento più abbondante, dolore severo e/o febbre si raccomanda di contattare immediatamente il Pronto Soccorso.

Terapia farmacologica

In alcuni casi è possibile procedere all’assunzione di specifici farmaci per favorire l’eliminazione del tessuto residuo, ma la paziente verrà comunque strettamente monitorata per valutare l’andamento dell’aborto.

Terapia chirurgica

In alcuni casi è necessario, purtroppo, sottoporre la paziente a un intervento chirurgico di raschiamento per la rimozione del tessuto residuo, in anestesia locale o totale.

Terapia psicologica

A volte l’impatto emotivo è avvertito subito dopo l’aborto spontaneo, mentre in altri casi può richiedere diverse settimane; molte coppie che affrontano questa esperienza vivono un periodo più o meno lungo di lutto ed è comune sentirsi stanchi, perdere l’appetito e avere difficoltà a dormire.

Molte donne provano un senso di colpa, di shock, di tristezza e di rabbia verso amici o familiari che hanno avuto gravidanze di successo.

Ogni donna, ogni coppia, rappresenta un caso a sé e, mentre alcune trovano confortante parlare dei loro sentimenti, altri ritengono che l’argomento sia troppo doloroso per essere affrontato.

Alcune donne sono in grado di superare il loro dolore dopo poche settimane, magari iniziando a pianificare la prossima gravidanza; per altre donne questo pensiero può invece risultare eccessivamente traumatico, almeno nel breve periodo.

Anche il padre del bambino può essere provato dalla perdita; a volte gli uomini hanno difficoltà a esprimere i loro sentimenti, soprattutto quando ritengono di dover sostenere la madre e non aver diritto di beneficiare del contrario.

L’aborto spontaneo può anche provocare sensazioni di ansia o depressione e può portare a problemi di relazione, per questo è molto importante per la coppia aprirsi e parlarne, aiutarsi vicendevolmente a metabolizzare l’accaduto, anche eventualmente chiedendo un aiuto esterno (famigliari, amici, supporto psicologico, …).

PREVENZIONE

La causa della maggior parte degli aborti spontanei sono le anomalie cromosomiche, quindi non c’è molto che si possa fare per prevenirle. È comunque fondamentale essere in perfetta forma già prima del concepimento, affinché il bambino possa iniziare a crescere in condizioni più sane possibili:

- non fumare, soprattutto durante la gravidanza,

- non bere alcolici e non fare uso di sostanze stupefacenti,

- attenersi a una dieta sana e varia, ricca di frutta e verdura,

- sottoporsi agli esami preconcezionali e prestare attenzione agli alimenti a rischio di infezioni,

- recuperare e mantenere il peso forma.

Cause dell’aborto spontaneo

La maggior parte degli aborti spontanei che si verificano nelle prime 10-11 settimane di gravidanza è imputata a qualche problema genetico. Talvolta gli aborti derivano da un difetto congenito.

Se una donna presenta un disturbo che rende la coagulazione troppo facile (come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi) può subire aborti ripetuti (chiamati perdita ricorrente della gravidanza) dopo 10 settimane di gravidanza.

Per molti aborti che si verificano tra la 13a e la 20a settimana di gestazione non viene identificata una causa.

I fattori di rischio (condizioni che aumentano il rischio di un disturbo) di aborto spontaneo comprendono i seguenti:

- Età più avanzata (oltre i 35 anni)

- Anomalie strutturali degli organi riproduttivi, quali fibromi, tessuto cicatriziale, utero doppio o una cervice debole (insufficienza cervicale), che tende ad aprirsi (dilatarsi) man mano che aumentano le dimensioni dell’utero

- Uso di sostanze come cocaina, alcol e tabacco (mediante il fumo di sigaretta)

- Lesioni gravi

- Infezioni come quelle da citomegalovirus o la rosolia

- Tiroide ipoattiva (ipotiroidismo) o tiroide iperattiva (ipertiroidismo) se il disturbo è grave e poco controllato

- Diabete se grave o poco controllato

- Alcuni disturbi come celiachia, nefropatia cronica, lupus eritematoso sistemico (lupus) e ipertensione arteriosa, se non trattati e controllati adeguatamente durante la gravidanza

Anche l’incompatibilità Rh (se una donna in stato di gravidanza è Rh-negativa e il feto Rh-positivo) aumenta il rischio di aborto.

Un improvviso shock emotivo (ad esempio in seguito a brutte notizie) e lesioni minori (ad esempio una scivolata o una caduta) non sono collegate ad aborto.

Un aborto è più probabile nelle donne che hanno subito in precedenza un altro aborto.

Più alto è il numero di aborti spontanei, maggiore è il rischio di averne altri.

Alcune cause, se non corrette o trattate, tendono a provocare aborti ripetuti. Se la donna ha numerosi aborti spontanei, la causa può essere un’anomalia cromosomica sua o del partner oppure una sindrome da anticorpi antifosfolipidi.

Sintomi dell’aborto spontaneo

Di solito un aborto spontaneo è preceduto da spotting con striature di sangue rosso brillante o rosso scuro o da un sanguinamento più marcato. Le contrazioni dell’utero causano crampi. Tuttavia, circa il 20% delle gestanti evidenzia sanguinamento almeno una volta nel corso delle prime 20 settimane di gravidanza. Circa la metà di questi episodi causa un aborto.

L’unico segno di aborto, nella prima fase di gravidanza, può essere un sanguinamento vaginale di lieve entità. Nelle fasi tardive della gravidanza, un aborto può causare un’emorragia profusa e il sangue può contenere muco o coaguli. I crampi diventano più importanti fino a che l’utero non si contrae a tal punto da espellere il feto e la placenta.

A volte il feto muore senza che si manifestino sintomi di aborto.

In tali casi l’utero non aumenta di volume. Raramente, la morte dei tessuti nell’utero può provocare un’infezione prima, durante o dopo l’aborto. Tali infezioni (chiamate aborto settico) derivano di solito da aborti indotti effettuati da praticanti non adeguatamente formati che non utilizzano tecniche sterili. L’aborto settico può essere grave, con febbre, brividi, sanguinamento e una frequenza cardiaca accelerata. Le pazienti possono presentare delirio e calo eccessivo della pressione sanguigna.

Diagnosi dell’aborto spontaneo

L’aborto spontaneo può essere diagnosticato per:

- Valutazione medica

- Ecografia

- Esami del sangue

Se una donna in stato di gravidanza presenta sanguinamento e crampi nel corso delle prime 20 settimane di gravidanza, il medico deve sottoporla a visita per verificare se ci siano minacce di aborto.

Il medico deve esaminare la cervice per stabilire se si sta dilatando o ritraendo (obliterazione).

Se ciò non avviene, la gravidanza può proseguire. In caso di dilatazione prima di 20 settimane di gestazione, un aborto è molto probabile.

Di solito viene effettuata un’ecografia. Tale indagine può essere utilizzata per stabilire se si sia già verificato un aborto e, in caso contrario, se il feto è ancora vivo. Se la donna è andata incontro a un aborto, l’ecografia può mostrare se il feto e la placenta sono stati espulsi.

Si eseguono esami del sangue per misurare i livelli di un ormone prodotto dalla placenta all’inizio della gravidanza, chiamato gonadotropina corionica umana (hCG). I risultati consentono di determinare se una donna ha una gravidanza in posizione anomala (ectopica), che può anche provocare sanguinamento. Inoltre consentono di stabilire se alcuni lembi di placenta o parti di feto sono rimasti nell’utero dopo l’aborto.

Il medico può solitamente diagnosticare un aborto settico sulla base delle circostanze e dei sintomi della donna. Se l’aborto settico sembra probabile, il medico invia un campione di sangue a un laboratorio per una coltura (ovvero viene posto in una sostanza che promuove la crescita dei microrganismi). Questa tecnica aiuta i medici a identificare il microrganismo che causa l’infezione e quindi a stabilire quali antibiotici possano essere efficaci.

È opportuno che le donne che hanno avuto parecchi aborti consultino il medico prima di cercare un’altra gravidanza. Il medico può condurre esami per rilevare eventuali anomalie genetiche o strutturali o altri disturbi che aumentano il rischio di aborto. Ad esempio, può effettuare:

- Un esame di diagnostica per immagini (come ecografia, isteroscopia o isterosalpingografia) per valutare anomalie strutturali

- Esami del sangue per verificare la presenza di alcuni disturbi, come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi, il diabete, anomalie ormonali e disturbi della tiroide

- Test genetici per controllare anomalie cromosomiche

Se identificate, alcune cause di un precedente aborto possono essere trattate rendendo possibile la gravidanza.

Trattamento dell’aborto spontaneo

L’aborto spontaneo può presentarsi come:

- completo, quando avviene una completa espulsione del prodotto del concepimento; l’espulsione del materiale abortivo si verifica con un’emorragia di intensità variabile e sintomi dolorosi all’addome o in zona lombo-sacrale;

- incompleto, quando l’espulsione del materiale abortivo è solo parziale; in questo caso, che si presenta con sintomi simili all’aborto completo, l’entità del sanguinamento è minore ed è possibile rilevare all’esame ecografico, la presenza di materiale nell’utero;

-  interno, quando si verifica l’interruzione della gravidanza a causa del decesso dell’embrione/feto, ma in assenza dell’espulsione del prodotto del concepimento e senza la presenza di emorragia.

Il trattamento è il seguente:

- In caso di minaccia di aborto, valutazione periodica dei sintomi della gestante

- In caso di aborto completo, nessun trattamento

- In caso di altri tipi di aborto, rimozione del contenuto dell’utero.

- Supporto emotivo

Se il feto è vivo e la cervice non si è aperta (minaccia di aborto), nessun trattamento specifico è utile, ma il medico valuta periodicamente i sintomi della donna o esegue un’ecografia.

Alcuni medici consigliano alle donne di evitare attività fisica troppo energica e, se possibile, di rimanere a riposo. Tuttavia non vi sono prove chiare che tali limitazioni siano efficaci. Come non vi sono prove che l’astenersi dai rapporti sessuali possa essere utile.

Se si è verificato un aborto e il feto e la placenta sono stati espulsi, non è necessario alcun trattamento.

Se parte dei tessuti del feto o della placenta rimangono nell’utero dopo un aborto o in caso di morte fetale senza espulsione del feto, i medici possono procedere in uno dei seguenti modi:

- Se la donna non presenta febbre e non dà segni di malessere, viene tenuta sotto stretta osservazione per vedere se l’utero espelle il contenuto da solo. La sicurezza di questo approccio dipende da quanto tessuto rimane, come appare l’utero all’ecografia della pelvi e se l’aborto si ritenga avvenuto.

- Si asportano chirurgicamente feto e placenta attraverso la vagina (la cosiddetta evacuazione chirurgica, mediante raschiamento aspirativo ed evacuazione [D & E]), di solito durante le prime 23 settimane di gravidanza

- Somministrano un farmaco che induce il travaglio e quindi consente di espellere il contenuto dell’utero, come ossitocina (solitamente utilizzata negli stadi più avanzati della gravidanza) o misoprostolo (solitamente all’inizio della gravidanza)

Prima di rimuovere chirurgicamente il feto nel 1º o 2º trimestre, i medici possono utilizzare sostanze naturali che assorbono i liquidi (come steli di alghe) per favorire l’apertura della cervice. Oppure possono somministrare alla donna una prostaglandina (un farmaco simile a un ormone che stimola le contrazioni uterine) come il misoprostolo. Questi trattamenti facilitano l’asportazione dei tessuti.

Se si ricorre ai farmaci, possono essere necessari il raschiamento aspirativo o la tecnica D ed E per rimuovere i lembi di placenta. La tecnica D e E potrebbe non essere praticabile in quanto richiede un’apposita formazione.

Se la donna presenta sintomi di un aborto settico, il contenuto dell’utero viene rimosso al più presto, e la si sottopone a terapia antibiotica per via endovenosa.

Risarcimento danni

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